venerdì 28 marzo 2008

Incubi in camice bianco



Ho fatto il tilt test. E’ un esame clinico che serve a rilevare se si soffre di sindrome vasovagale. In 5 parole: se in alcune circostanze svieni!. Lo avevo visto fare solo in una puntata del Doctor House. Il policlinico Umberto I, malgrado le colonne madreperlate e le pareti vintage, non è paragonabile ad un ospedale americano. Soprattutto i cessi e le donne delle pulizie. Il medico assomigliava ad Enrico Beruschi e non a Hugh Laurie (e sti cazzi in effetti), la dottoressa-assistente aveva l’aria troppo dimessa. Avete presente quelle donne che parlano piano piano piano e sembrano eterne studentesse anche a 40 anni? Tanto che io l’ho chiamata signorina e Beruschi mi ha subito corretto: “dottoressa!” (e che avrò detto mai?) Lì mi sono agitato. Comunque domani vorrei sapere l'opinione di qualche ragazza riguardo gli elettrodi applicati sul torace. Secondo me spaccano. Sono sexy e aumentano la virilità. Ultimamente volevo cambiare look ed ero indeciso tra la benda sull’occhio e un bastone. Credo che opterò per degli elettrodi. In alternativa ci sarebbe anche la frattura del setto nasale con ricomposizione manuale alla francese. Aspetto suggerimenti. Comunque il tilt test non è l’esame clinico – strumentale che temo di più. I peggiori sono:

1) La cistoscopia: Ti infilano un tubicino flessibile (ci mancherebbe che fosse pure rigido) nell’uretra per dare un’occhiata alla vescica. Cioè ti infilano un tubicino flessibile (ci mancherebbe che fosse pure rigido – meglio ripeterselo!) nel pisello. In pratica una parte del corpo che è destinata ad entrare viene “entrata” attraverso il canale da cui di solito qualcosa fuoriesce. Dicono che questo strumento sia fornito in cima di pinzette per estrarre eventuali calcoli: raccapricciante. Solamente a pensarci vien voglia di difendersi stringendo le gambe e mandando un inequivocabile segnale di brividi. Ciò rimanda anche al più angoscioso dei totem ipocondriaci: il catetere, con l’aggravante che quest’ultimo rimane fisso e attaccato ad un sacchetto che va a riempirsi di urina. Quando cammini sembra di avere accanto l’uomo invisibile con in mano un litro di camomilla. Vorrei rinascere per studiare bene la questione e vincere il Premio Nobel per aver inventato il catetere dolce, o un sostitutivo di questo crudele strumento di tortura.

2) La rettoscopia. Da wikipedia: “La rettoscopia è un esame endoscopico della mucosa del retto, che si realizza per controllare direttamente le lesioni della parete rettale, in particolare della mucosa e della sotto-mucosa. L'esame è di tipo proctologico, e viene eseguito semplicemente attraverso l'introduzione di uno strumento endoscopico rigido/flessibile”. Bene. Credo che una frase che contenga parole orribili come mucosa del retto, parete rettale e proctologico dovrebbe essere vietata ai minori di diciotto anni. Parliamoci chiaro: la rettoscopia è sodomia in piena regola con tanto di guardoni. Lo strumento rigido (RIGIDO!)-flessibile è lungo circa quindici centimetri con un diametro di circa due centimetri. Inoltre mentre il dottore ti infila lo strumento da dietro, l’infermiera che sta di fronte ti vede il pisello. Inutile precisare che in quel contesto malsano “esso” non dà proprio sfoggio di rigogliosità. C’è perciò una componente ulteriore di umiliazione. Lo stupratore e la guardona. Sodoma e Gomorra. Di solito lo studio dove viene effettuata la rettoscopia è a due porte di distanza da quello dello psicologo. La porta adiacente si apre su un sexy shop. La giornata solitamente comincia con un clistere (te lo metti nel culo da solo) e continua con l’esame suddetto (te lo mettono nel culo gli altri). La rettoscopia come metafora della vita.

3) La gastroscopia. E’ l’esame che consente di visualizzare l’interno del tratto gastroenterico superiore, costituito da esofago, stomaco e duodeno. Voi avete mai avuto la coscienza di possedere un esofago? E il duodeno? Sapreste, concentrandovi, localizzare esattamente dove si trova il duodeno ? Lo stomaco lo senti; è un tuo compagno di vita: lo inviti a colazione, pranzo e cena. Ma esofago e duodeno proprio no. Magari se non esistessero, forse non esisterebbe neppure la gastroscopia, quest’altra pratica brutale per cui una sonda del diametro di circa 10 mm ti viene inserita nella gola e procede il suo percorso nel suddetto tratto gastroenterico. Se ne sentono di voci sulla gastroscopia. La leggenda si sta facendo beffe della cronaca. Si dice che mentre hai questo dannatissimo tubo ficcato in gola, i medici ti “insufflano” aria per gonfiare ed analizzare alcune parti. Insufflano. I fastidi più frequenti sono: senso di soffocamento, nausea, conati di vomito. (Insufflano…?). Alcuni di noi più fortunati vengono sedati via endovena con dell’ottimo valium. Non male. Io amo la parola narcosi. Mi dà una sensazione di tranquillità (chissà perché…). Comunque se sto sotto valium, beh che mi insufflassero pure. Ho letto di una donna che è scappata col tubo in gola convinta che stesse morendo soffocata. Ma ho letto anche che adesso la gastroscopia transnasale sta sostituendo quella tradizionale. La sonda è più sottile e viene inserita nel naso per cui risulta meno invasiva. Io esigo di essere insufflato, però. L’esame deve essere effettuato a digiuno. Ma digiuno pesante: dalla sera prima. Gli esami che si svolgono a digiuno sono i peggiori. Anche ai condannati a morte viene concessa l’ultima cena. E non vengono insufflati.

4) Risonanza magnetica alla testa.
Il momento più divertente della risonanza magnetica avviene prima di essere infilati dentro ad un tubo per circa 40 minuti. E’ il momento delle domande, dei suggerimenti e del furto. I medici vi diranno che l’esame dura 25-30 minuti. I medici dicono sempre che gli esami invasivi durano meno di quanto effettivamente sarete costretti a soffrire. Qualcuno più spocchioso vi dirà: “Se sei abituato a prendere l’ascensore non c’è problema, vuol dire che non avrai fastidio”. Sì, come no! Se abiti al settimo piano ci vogliono 25 secondi per arrivare al pianerottolo. Quelli sono e quelli ci vogliono. L’ascensore non ritarda. Al massimo si blocca. E in quel caso scatta la claustrofobia. Coglione di un medico. Figuriamoci 40 minuti con la testa in un tubo mentre nelle orecchie imperversa una colonna sonora techno-psichedelica assordante. Però sei provvisto di campanello qualora ti sentissi male. E’ implicito però che, se ti azzardi a suonare il campanello, verrai additato come pippone, pusillanime, imbelle, donnicciuola. Con le laureande schifatissime di trovarsi di fronte un codardo cagasotto. Prima del test bisogna rispondere ad un questionario le cui domande variano da: “hai mai sofferto di claustrofobia?”(perché me lo chiedete, maledetti? Non è come prendere l’ascensore?); ad “avete protesi dentarie?”,fino a “hai mai fatto parte di una setta satanica?” . Poi il furto appunto. Devi liberarti di tutto ciò che potrebbe inficiare l’esame: collane, orecchini, anelli, cinte, orologi. Poi entri nel tubo e almeno dieci minuti li passi a fare l’inventario di quello che ti hanno tolto. Te lo restituiranno? E dopo altri dieci minuti pensi: “Non è che dovevo togliermi anche la capsula che ho sul molare?”. E’ una protesi dentaria? Terrorizzato dal dover ricominciare tutto daccapo, hai solo una possibilità: suonare il campanello. Buuu!Buuu! Pippone!

5)dulcis in fundo. La colonscopia. La metto al 5° posto solo perché, credo, si faccia sotto anestesia. Per il resto mi limito a copiare-incollare quanto segue:
L'esame viene effettuato attraverso l'introduzione per via anale di una sonda, detta colonscopio, che ha un diametro da circa 11 mm a 13 mm (non ci credo sono molti di più. Lo so, ci stanno mentendo). La sonda, munita di microcamera, mostra in tempo reale l'interno del colon. Per facilitare la penetrazione della sonda, il colon stesso viene dilatato insufflando (…) aria all'interno, procedimento che può risultare molto fastidioso e anche doloroso (aho, ma si fa con l’anestesia o no?) qualora il colon non fosse molto dritto (Adesso uno si deve sentire in colpa se non ha il colon dritto). La sonda deve risalire per oltre un metro all'interno del colon. La lunghezza della sonda varia dai 130 cm ai 170 cm (!!!).

martedì 25 marzo 2008

Happy Birthday


Cinque canzoni da ascoltare il giorno del compleanno, in bilico tra buon umore e angoscia esistenziale.


1) "Bullet with Butterfly Wings" degli Smashing Pumpkins. Perché è arrabbiata e trascinante e mi ricorda di quando pogavo al Black Out. E perché "Despite all my rage I'm still just a rat in the cage".


2) Un pezzo di John Coltrane. Uno qualsiasi. Perché dopo i 35 anni i cd jazz ti spuntano negli scaffali come i capelli bianchi in mezzo all chioma. Sono come l'analisi del sangue, una rottura di scatole ma te toccano.


3) "You're Only Human" di Billy Joel. Perché "I survived all those long lonely days when it seemed that I did not have a friend".


4) "Thunder Road " di Bruce Springsteen. Perché: "What else can we do now, except roll down the window and let the wind blow back your hair. Well the night's busting open, these two lanes will take us anywhere...". Uno il sogno lo mantiene. Certo è dura. Meno male che c'è il boss.


5) "Time" dei Pink Floyd. Perché il tempo è maledetto. Non si può non pensarci. Anzi, meglio andare contro il dolore e quindi: "And then one day you find, ten years have got behind you, no one told you when to run, you missed the starting gun....

e ancora: "The sun is the same in the relative way, but you're older. Shorter of breath and one day closer to death".


Buo compleanno a me!

sabato 22 marzo 2008

Quando i numeri sono spietati

Ho 37 anni e gioco spesso a calcetto. Da vari anni la media è di una volta alla settimana. Facendo un conto piuttosto approssimativo, credo di aver giocato nella mia vita circa 400 partite. Forse meno, ma forse molte di più. Ma non è questo il punto. Aver giocato 400 partite vuol dire aver fatto altrettante docce con gli altri giocatori. Quindi, tenendo sempre a mente l’approssimazione, moltiplichiamo 400x9 (ovviamente escludo me)= 3600. Ciò significa che nella mia vita, finora, ma il numero è destinato ad aumentare, ho visto 3600 uomini nudi e da vicino, prima, durante e dopo la doccia. Considerando che sto ragionando per difetto e mettendo nel drastico conteggio anche le volte che sono andato in palestra, direi che posso arrivare ad un totale di 3800. Quindi trattasi di 3800 uomini nudi in 37 anni. Manco a dirlo, le donne che ho visto nude nella mia vita sono invece di meno. Ma molte molte di meno. Parecchio sotto i 100. Ma parecchio. Sono numeri che mettono i brividi. Mica tutti ci pensano. E invece credo che si tratti di un’assoluta ingiustizia sociale, di una beffa del destino. Anche perché è matematicamente impossibile che io giunga in futuro ad un pareggio. Nemmeno se lasciassi il lavoro e mi mettessi a fare il guardone. E non sono l’unico a trovarmi in questa condizione. E’ pieno di uomini (vestiti) là fuori che nella loro vita hanno visto migliaia di esemplari dello stesso sesso senza niente addosso, mentre contano senza calcolatrice il numero di ragazze che si sono spogliate davanti a loro. Credo che ciò possa essere messo nell’elenco degli aspetti bizzarri che ci dovrebbero convincere una volta per tutte del nostro approccio sbagliato verso la vita quale dono di Dio o di chi per lui. Le differenze tra un eterosessuale che fa sport regolarmente e un omosessuale che non fa sport sono due: la prima è che il numero di uomini che un omosessuale vede nudi risulta inferiore. La seconda è che, però, quei pochi che l'omosessuale vede, li vede in stato di erezione. E questo vuol dire tanto. Poi ci sono gli omosessuali che fanno sport regolarmente che vedono uomini nudi in tutti e due gli “stati del sistema” e anche in quelli intermedi. Molto fortunati dal loro punto di vista. Sicuramente essere omosessuali offre molte più possibilità goderecce, statistiche alla mano. Alla faccia della ghettizzazione e dei pregiudizi. Credo che una riflessione del genere debba far considerare me e quelli come me, cioè il 99% degli uomini, degli invalidi. Ma nemmeno una pensione adeguata ci permetterebbe mai di correre ai ripari. A parte il corpo delle donne, il più meraviglioso dei regali offerti dal creato che noi uomini non riusciamo a godere nella sua interezza (sex included or not), ecco altre quattro cose che, a pensarci bene, rendono la nostra presenza su questa terra uno spreco assoluto.

2) Il numero di nazioni, città, monumenti, bellezze naturali, popoli, animali. Tutti noi lasceremo questo pianeta senza averne visto tutti gli angoli e i capolavori. E senza nemmeno mai avvicinarci alla totalità di essi. E pure di tanto. Molti di noi moriranno senza ad esempio aver mai visto il deserto. E’ come se a casa nostra non entrassimo mai in cucina o in bagno. Però passiamo circa sette anni della nostra vita seduti in macchina.

3) Il cibo. Altra meraviglia del creato. Di cibi ne esisteranno migliaia. E ancora di più sono tutte le possibili combinazioni dovute alla fantasia delle ricette. Non esiste alcuna possibilità che noi si assaggi tutto ciò che è commestibile sulla terra. E’ come se nella nostra cucina decidessimo di barricare il frigorifero.

4) I libri e i film. Quasi a tutti piace leggere libri e guardare i film. Dall’invenzione della scrittura ne saranno stati scritti milioni. Noi moriremo avendone letti sull’ordine delle centinaia, facendo una media tra gli individui più eruditi e quelli disinteressati a leggere. Lo stesso per i film , anche passando il resto della nostra vita in una sala o incollati al dvd, ne avremo visti una percentuale trascurabilissima.

5) Il dubbio. I nostri impulsi più inconfessabili, i limiti imposti da società, educazione, fobie. Molti di noi moriranno conservando intatti i propri dogmi, senza mai metterli in discussione. Sceglieranno di non scendere mai all’inferno, di non interrogare mai il lato oscuro. Senza mai quell’azzardo che fa sprofondare in una crisi. Molti di noi moriranno rifiutandosi di conoscersi del tutto. Come ricevere un regalo e leggere solamente il biglietto d’auguri.


giovedì 20 marzo 2008

Il derby

Per un tifoso mediamente avvelenato, concentrato e passionale, vincere un derby corrisponde ad una specie di catarsi da epopea fantasy, in cui il Bene ha finalmente la meglio sul Male. Una forzatura narrativa e faziosa ma stiamo parlando di tifo, no?
Per me il Bene è la Lazio: lo stile, il gusto, la sobrietà, la lotta contro avversità sportive e non di ogni genere che perseguitano questa squadra e questa società da 108 anni. E il Male viene ben rappresentato dall’altra squadra della città: l’arroganza, il fanatismo, l’autocelebrazione immotivata e la propaganda. Per non parlare dell’averla fatta franca da tante malefatte. Per qualche giorno le fanfare rimangono chiuse nello sgabuzzino, i titoli e i toni di una stampa schierata e intellettualmente disonesta si smorzano, i peperoni ritornano in cambusa. Ne guadagna anche la città. Ciò che successe nel 2001 e che fece vergognare la gente con un po’ di sale nella zucca di essere romani succede anche in piccolo quando questi altri si aggiudicano la stracittadina. Ecco un’altra differenza: loro non sanno né vincere né perdere. E nello sport è il difetto peggiore.

La mia top five dei derby più libidinosi:

1) quello di ieri. Perché è l’ultimo e l’ultimo gode sempre della vivida freschezza del ricordo. Vincere al 92° una partita che era stata sbloccata da una fortuna sfacciata (altra prerogativa della sponda opposta del Tevere) si avvicina alla soddisfazione di un orgasmo senza aver fatto sesso. E poi perché è l’undicesimo derby perso da Totti, un personaggio che ha smesso di essere solo un giocatore di calcio da anni, quando una strategia di marketing grossolana e adatta ai gonzi lo ha trasformato in prodotto da vendere, insabbiando i suoi atti sleali per inventarsi barzellette, record improbabili e gonfiando a dismisura ogni suo gesto tecnico. Mentre il record infranto ieri è importante: Totti è il calciatore che ha perso più derby nella storia del calcio romano. Il precedente record di 10 sconfitte apparteneva sempre a lui.

2) Il derby del 6 marzo 1994. Quello del gol di Signori sotto la nebbia, con un tiro all’incrocio dei pali nella porta della Curva sud e con rigore (inesistente, proprio un Totti agli esordi si tuffò in area) sbagliato da Giannini e parato da Marchegiani sempre sotto la sud.

3) Il Derby di Di Canio, quello del giorno della Befana del 2005. Perché la Lazio non ne vinceva uno da tempo, e Di Canio non fu mai abbastanza celebrato per aver fatto qualcosa di unico per un calciatore: segnare al derby a sedici anni di distanza, vincendoli entrambi. Una sorta di evento fenomenale che se fosse successo a maglie invertite sarebbero piovuti dvd, magliette e manifesti. Anche perché i tifosi giallorossi sono l’emblema del consumismo. Spendono tanti soldi e soprattutto tante parole. I laziali e anche i tifosi del resto dell’universo sanno porsi un limite.

4) Il primo dei derby del famigerato poker servito. Nella stagione 1997-98, la Lazio vinse quattro derby su quattro. Un record, vero. Non come quelli inventati per il popolo ignaro e inconsapevole che tutto magna e butta giù. Scelgo il primo, vinto 3-1 perché la Lazio giocò in dieci dal 7° del primo tempo. Espulsione manco a dirlo esagerata. E poi perché nella loro panchina c’era Zeman che passò dall’altra parte per dispetto e come colpo di teatro dopo essere stato difeso, amato (oltre i suoi meriti) dalla tifoseria biancoceleste. Ne perse quattro di fila l’allenatore boemo. Mai fare i dispettosi…

5) Non scelgo una vittoria. Scelgo un pareggio. Sì, il 3-0 del 10 dicembre del 2006 rimane storico, forse il più storico di tutti. Ma nei primi anni Novanta, Paul Gascoigne pareggiò di testa un derby al 90° ed esplose tutta la sua gioia in una corsa pazza “alla Gascoigne” sotto la nord. Scelgo questo per lui, perché in quegli anni Gazza era uno dei più forti giocatori del mondo. Alla Lazio, che di storie come queste ne può raccontare, si ruppe prima i legamenti del ginocchio e poi tibia e perone. Malgrado Paul giocò poche partite, 42 mi sembra, riuscì a trafiggere il cuore dei laziali. Scelgo questo perché Gazza adesso è un uomo solo, in compagnia dell’alcolismo e della droga. Mi fa piacere ricordarlo e tifare ancora per lui con l’orgoglio di averlo visto giocare con la maglia che amo di più al mondo.

martedì 18 marzo 2008

Campagna elettorale

Sto mantenendo la promessa. Sto boicottando la campagna elettorale. Non vedo, non sento e se possibile non parlo. Mi manda in bestia sentire parlare di duopolio e di voti inutili. Il duopolio è un’invenzione della propaganda. L’Italia è un paese frammentato e ricoperto di macchie umane tra loro diversissime dai tempi del Medioevo, figuriamoci se da un giorno all’altro qualcuno può decidere che tutti gli italiani debbano rientrare in due macrocategorie. Mi è bastato un giorno per vedere che i candidati non appartenenti a questi due carrozzoni ambulanti non hanno diritto di apparizione né di replica. In Italia si vota seguendo la tv. Quindi un sistema non democratico ha già deciso che al governo andrà uno dei due carrozzoni.

Inoltre non ne posso più di:


1) La bava biancastra ai lati della bocca di Casini.
2) Le risate sarcastiche e maleducate di Fini che, inquadrato dal regista connivente, vorrebbe confutare così l’avversario politico che sta parlando non inquadrato.
3) Il buonismo di Walter Veltroni che non solo vuole che il lupo e l’agnello vadano d’accordo ma se ci scappa tempo si potrebbero fare anche uno smorzacandele. (La pecorina no perché è politicamente scorretta).
4) Pannella con un numero di telefono appeso al collo.
5) Bruno Vespa che si esprime per acronimi e monosillabi: Pd, Pdl, Udc, Udr, ecc .






Trovo un po' grottesco che dal 1994 un personaggio che in qualsiasi paese civile non potrebbe candidarsi in quanto più ricco di tutti e padrone di tre televisioni, continui a dire le stesse cose, con lo stesso tono di voce, vestito allo stesso modo. Da quattordici anni. Mi sembra di essere rimasto chiuso dentro l’armadio di Dylan Dog. Tanto per rendersi conto usando altri parametri. Nel 1994:


1) Il ct della nazionale era Arrigo Sacchi e si giocavano i mondiali in America. Da allora sono passati tre campionati del mondo e tre campionati europei. Sulla panchina si sono susseguiti: Dino Zoff, Cesare Maldini, Giovanni Trapattoni, Marcello Lippi . Adesso c’è Donadoni che nel 94 giocava ed era un pischello.
2) Era in corso il primo mandato di Bill Clinton che ancora non aveva invitato Monica Lewinski sotto la scrivania. Clinton sarebbe stato rieletto nel ’96. Per altri quattro anni quindi. Poi ci sono stati altre due elezioni con altrettante vittorie di Bush. Quest’anno ci sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti.
3) Davo il mio primo esame all’università. Mi sono laureato da sei anni. Ed ero parecchio fuoricorso.
4) Steven Spielberg vinceva l’Oscar con Schindler’s List. Da allora, Spielberg ha girato: Jurassic Park 2: The Lost World, Amistad, Salvate il soldato Ryan, A.I. –Intelligenza artificiale, Minority Report, Prova a prendermi, The Terminal, La guerra dei mondi, Munich. A maggio di quest’anno esce il quarto capitolo di Indiana Jones.
5) L'americano Leroy Burrell correva i cento metri in 9'85''. Adesso il record mondiale di 9'74'' appartiene al giamaicano Asafa Powell che nel 1994 aveva 11 anni.

Il fatto è che gli italiani amano essere presi per il culo. Due personaggi sono riusciti in questo intento. Mussolini e Berlusconi. Uno ha governato per venti anni. L’altro la governa culturalmente dal 1980, dall’avvento dei network privati. Per dare un’idea del personaggio che ottiene circa il 50% dei voti, ecco la mia personale top 5 delle sue gaffes. Questo è un uomo che ha detto:

1) “Io sono per il sole, per la bandiera e per voi che siete giovani e belli”
2) “Nella Cina di Mao i comunisti bollivano i bambini per concimare i campi”
3) Mussolini non ha mai ucciso nessuno. Mussolini mandava la gente in vacanza al confino.
4) “Qui sono nati Romolo e Remolo”
5) Al presidente del Togo che spiegava che nel Malawi 13 milioni di persone stanno morendo di fame: "Bisogna accorciare gli interventi perché la nostra non sarà una tragedia, ma anche noi abbiamo fame."



Ma una volta, particolarmente ispirato, ha istruito i candidati del Polo dicendo:
Ricordatevi : repetita iuvant. Il discorso deve essere sempre lo stesso. Il pubblico che vi guarda in tv ha sì e no la seconda media, e neppure fatta stando sempre al primo banco. Alla fine sa dire al massimo: questo mi piace o questo non mi piace."

lunedì 17 marzo 2008

I blog too!

Non avrei mai pensato di aprire un blog. Sembra che vada di moda. Un motivo in più per non aprirne uno. E invece, tiè. Più che altro mi sfugge il processo interiore che porta a questa scelta. Non ho capito quando e come questa idea sia scattata. E più che altro come si è permessa di sorpassare sul rettilineo la mia pigrizia. In realtà sono convinto che esistano delle porzioni di tempo assolutamente insulse. Nella giornata, nella settimana, durante l’anno. Sono come le sabbie mobili. Ti ci trovi e non sai come uscirne. Sono periodi di tempo più o meno brevi che non sanno di niente. Come quando premi il tasto fastforward sul videoregistratore (o dvd o stereo): Qualcuno di voi mi spiega che diavolo di momento è quello? Ad aspettare che una cassetta vada avanti seguendo con l’orecchio il fruscio e con gli occhi il timer sul display? Nessun pensiero è troppo sciocco per poter occupare precisamente quegli istanti. Non si potrebbe cadere in coma e risvegliarsi qualche secondo dopo? Che ne so, i più religiosi magari pregano. Le donne contano per multipli di due (di paia di scarpe in paia di scarpe) Gli uomini fanno pensieri sprint sul sesso, ma in questo caso non ci sarebbe discontinuità.
Ecco, credo che il blog serva per avere qualcosa da fare quando sei circondato dalla palude. Quando quel fruscio dura veramente troppo. La notte puoi andare a dormire senza sentirti troppo in colpa e con l’impressione di aver fatto qualcosa. Sempre che la saggissima pigrizia non abbia ripreso in mano le redini del gioco.
Ecco la mie prime top 5: i momenti più insignificanti nella vita di un essere umano costretto come tutti a vivere in soggettiva:

BREVI:
1) Quando il dentista ti prende l’impronta: bocca aperta, occhi sbarrati e un plantare ammollato in gola.
2) Quando freni in prossimità delle strisce pedonali e aspetti che il novantenne zoppo e mezzo cieco che non usciva da quindici anni finisca di attraversare la strada.
3) Quando sei nudo davanti alla doccia e aspetti che arrivi l’acqua calda.
4) Quando ricarichi il telefono e ascolti lo sproloquio robotico della signorina che ti informa su bonus, offerte e cacchi vari.
5) Quando il barbiere interrompe il taglio per rispondere al telefono e tu ti guardi allo specchio e sei diviso a metà: mezzo naziskin e mezzo uomo di Cro-Magnon.


LUNGHI:
1) Il sabato pomeriggio se non ci sono le partite, nessuno ti risponde al telefono e non hai voglia di leggere (come dice Seinfeld: I guess what everybody else is doing on Saturday afternoon).
2) Quando rientri a casa dalle vacanze, con la casa che puzza di chiuso, le serrande bloccate e il cassetto delle mutande vuoto.
3) Quando sei costretto a stare a casa perché chi vive con te ha dimenticato la chiave e non avete uno zerbino.
4) Quando manca la corrente elettrica e ti accorgi che tutta la tua vita è una differenza di potenziale. E mica esci. No! Aspetti che torna.
5) Il ritorno a casa il giorno di Natale dopo le abbuffate coi parenti che non vedevi da un anno. Specie se torni verso le undici di sera. Che diavolo fai
?