venerdì 7 novembre 2008

Yes, we can!


Sono due i motivi per cui John McCain non ha vinto le elezioni americane. Il primo è che per diventare presidente degli Stati Uniti bisogna possedere le doti giuste per ispirare Oliver Stone affinché ti dedichi un film, di quelli torrenziali, sulle tre ore, con metà di girato in bianco e nero, l’altra metà a colori, grandinate di immagini di repertorio, flashback, voce off e montaggio asfissiante. Quando esci (allucinato) dal cinema dopo un film di Stone, mentre ti assicuri che i vestiti che indossi non siano nel frattempo passati di moda, hai abitualmente l’impressione di aver assaporato il nettare della sapienza dal Santo Graal di tutti i complotti. Almeno fino alla prossima puntata di “La storia siamo noi”.
Perciò, per diventare Presidente degli United States of America (God Bless America!) bisogna essere carismatici come John F. Kennedy, oppure ambigui, traffichini e un po’ guappi come quel paraculo spione di Richard Nixon o inclini ai magheggi e alle bugie come George W. Bush. Ecco il motivo per il quale, tra il tracagnotto candidato repubblicano e lo stacco di reni di Barack Obama, non c’èra sinceramente gara.
Per cui, confidando nella rielezione tra quattro anni, è assai probabile che verso il 2020 nelle sale troveremo un film firmato Oliver Stone, intitolato “Barack” oppure “Obama” o ancora “B.O.” o forse “Yes I could but I didn’t because I’m a fucking Nigger!”
L’altro motivo per cui John McCain non entrerà alla Casa Bianca è perché non riesce ad alzare le braccia e non avrebbe potuto mai fare il brindisi della vittoria.
Sì, questa è un po’ cattivella, ma dopo la scorpacciata di politically correct di questi giorni, mi serve riprendere fiato.
Sembra che questa sua invalidità che lo costringe a salutare la folla come un playmobile sonnambulo sia l’effetto delle atroci torture subìte in Vietnam. Quando fu catturato, i vietcong scoprirono che John era figlio e nipote di ammiragli e, non so secondo quale codice, per rispetto e riverenza, i vietcong erano pronti a schiudergli la gabbia. Ma sapete come sono fatti gli americani: John McCain disse ai musi gialli che se ne sarebbe andato solo a condizione che tutti gli altri ostaggi fossero stati liberati. I Vietcong se lo guardarono e dissero: Ah sì? SDANGHETE…botte da orbi sulle braccia con forconi, rastrelli e cappelli di paglia. Ed eccolo lì, il povero John con le giacche con la stampella incorporata.
Sono fiducioso per la vittoria di Obama (la cui retorica è mostruosamente efficace se ha colpito anche noi non autoctoni ma schiavi della cultura americana. Sapremmo elencare almeno due punti del suo programma?) ma John McCain non era certo Belzebù. Mi è piaciuta la sua presa di distanza dai neo-conservatori evangelici puritani, antiabortisti, destrorsi del cazzo; quelli per intenderci che nel 2004 in tre milioni deambularono, ipnotizzati come androidi, fino alle urne con le carnagioni rubiconde e i loro culacci flaccidi ribaltando l’esito dei sondaggi e spedendo il malcapitato John Kerry a casa.
Se avesse vinto McCain non mi sarei disperato anche se avrei temuto per le sue braccia anchilosate in un eventuale scambio di strette di mano con Fassino.
Ma, certo, Obama è il cambiamento, il nuovo, il moderno, il progressista il new deal, yes we can!. E’ quello che Veltroni vorrebbe ma non può.
Sono fiducioso. E invidioso perché in America il ricambio della classe politica è obbligatorio. Qui no.
Yes We Can! Quindi. Si può fare. Si può stare zitti ad esempio. Invece di dichiarare che con Obama alla presidenza, sarà contenta Al Quaeda, come ha affermato il senatore Gasparri. Dall’idea che mi sono fatto del onorevole in questione non escludo che abbia digitato su google la parola “osama” invece di “obama”.
Il fatto è che per alcuni, che il nuovo presidente sia un afroamericano, è dura da mandar giù. Ne crollano di certezze e di deliri domestici passati a genuflettersi davanti a qualche busto. E se il Papa si augura che “Dio illumini Barack Obama” (ma si rassegni, Sua Santità, anche se lo illumina sempre un negro rimane), i migliori strafalcioni sono usciti - che sorpresa - dalla bocca ridens dello psiconano Silvio Berlusconi (psiconano è una battuta, tanto per precisare). A caldo ha commentato che è pronto a dare consigli al collega più giovane, segnalandosi per il solito egocentrismo, e per il culto della personalità manco fosse l’odiato (odiato?) Stalin. Non capisco quali consigli potrebbe dare Berlusconi ad Obama considerando che il senatore di Chicago ha vinto le elezioni in America senza avere televisioni, case editrici, giornali, giornalisti, scrivanie frequentatissime dabbasso e mausolei nel cortiletto di casa. Oltre ad un 50 per cento di fedeli decerebrati. A freddo (quindi dopo averci ragionato) eccolo dichiarare, ridanciano, che Barack Obama è bello, giovane e abbronzato. Abbronzato? Ma sì è una battuta, come fare le corna in una foto ufficiale del G8, no? Che c’è di male? Il 50 % di decerebrati avrà sicuramente riso, apprezzato e giustificato, soprattutto giustificato.
Faccio una scommessa. Da qui a quattro anni Berlusconi prenderà in considerazione anche l’argomento dimensione del pene arrivando ad insinuare di avercelo più lungo, più grosso e persino più abbronzato di Obama. Yes he can! A quando un film di Oliver Stone sul nostro premier? Magari potrebbe essere uno spin off di quello su Clinton. Il titolo? M & M.