venerdì 5 settembre 2008

"Spero tanto che sia l'astragalo"


E’ un luogo decisamente confortevole il Pronto Soccorso. Ma sì. C’è sempre qualcuno, a qualsiasi ora. In tutti i Pronto Soccorso del mondo c’è sempre un gruppetto di pazienti in attesa, pure alle tre di notte. Incredibile quanto stia male la gente.
E se non sei lì per qualcosa di veramente grave ne trae giovamento anche lo spirito.
Io vorrei, ad esempio, che i ristoranti cinesi fossero aperti 24/7. Così, per soddisfare lo sghiribizzo di ordinare gli xiao mao di gamberi a notte fonda. Il cibo cinese è più gustoso se lo mangi fuori dal suo luogo deputato. Gli altri posti che vorrei fossero aperti ininterrottamente sono: la videoteca, i bordelli (proprio la casa chiusa, eh. Non mi interessano le zoccole per la strada. Anche se ciò è incoerente col mio essere contro le case chiuse. Ma nemmeno so perché in realtà io sia contro le case chiuse, vabbè. Retaggi culturali. Non so nemmeno perché non sono mai stato con una zoccola. Arivabbè!).
Poi, ancora, un internet point sarebbe comodo da visitare di notte se ti si ‘virusa’ il computer e ti prende una voglia matta di You Tube. Come quinta direi il tabaccaio. Ma voglio proprio l’omino che mi disquisisce sulla differenza tra Chesterfield morbide e Chesterfield dure, non quel self service gelido come la morte che ti costringe a stare di spalle alla malavita per 5 minuti.
Insomma ieri il dio dei blog ha deciso di farmi rompere un piede. Così la faccio finita di tirare i remi in barca e mi metto ad aggiornare questo spazio sgangherato più frequentemente. Niente scuse. Devo stare a casa per 18 giorni. Diciotto non è divisibile per 5. Questo mi fa rodere. Più o meno come il signor Mauro che era in attesa prima di me al PS. Non rispondeva. E io: vai che non c’è e tocca a me. Non rispondeva: vai che non c’è. Il signor Mauro è svenuto, è tramortito, è trapassato in un lurido angolo del parcheggio antistante. Sti cazzi del Signor Mauro, almeno la smetto di aspettare qui come un allocco. E invece ecco il Signor Mauro con la sua colica di fegato che caracolla verso le porte automatiche. Sto rompicoglioni!. Ok. Aspetto. Tanto non è niente di grave. Ho sentito questo scricchiolio tra le dita e il collo del piede; nessun dolore, solo una fitta piccola piccola. Ci ho giocato sopra per un’ora. Sono il re del mondo, io, pfui!
Poi durante la notte, la fitta è tornata per imporre il suo tributo.
Al PS ci sono vari gironi di attesa, specie se sei un codice verde. Lasci la sala d’aspetto e ti inoltri di cerchio in cerchio fino all’epilogo. Prima aspetti che ti visitino, poi aspetti che ti facciano la radiografia. Poi aspetti che il referto viaggi dalla stanza X alla stanza Y. Poi aspetti che ti chiami il dottore, quello vero, quello che decide, non qualche scagnozzo con la maglietta verde a “v” che mostra la pelazza sotto il collo. Poi infine aspetti di essere dimesso. Quando riesci fuori nel mondo reale sembra che hai passato un weekend al Luna Park. Solo che hai aspettato talmente tanto che hai la barba lunga e sei pure stempiato.
La dottoressa che mi ha sbirciato il piede per prima, l’ho conquistata con un nonnulla. Era biondina, acconciatura da militante del partito Democratico alla Festa dell’Unità, occhi vispi dietro gli occhiali rossi poggiati sul naso a gobba. Sottopanni, secondo me, la tizia aveva il suo perché. Ho sfoggiato con classe e sense of humor la mia profonda conoscenza della struttura ossea del piede. Ho passato ben mezz’ora su internet a studiarmi cosa potessi avere. Mica sono uno sprovveduto, io. Prima la spiazzo con: mi fa male qui, dove è l’osso cuneiforme. Poi la ipnotizzo, aggrottando le sopracciglia: però di solito in questi casi è lo scafoide che fa capricci. Lei aveva già capito più o meno che cosa avevo. Ma l’ho messa KO quando con risata grassoccia le faccio: spero tanto che sia l’astragalo, sai che figurone che faccio con gli amici. Ha riso di gusto. Abbiamo scherzato sull’astragalo per qualcosa come cinque-sei secondi. Si è girata pure la vecchina sdraiata nel letto accanto. Se non mi congedava subito le avrei chiesto di sposarmi. Alla biondina, intendo, non alla vecchia palliduccia che aveva un dolore che da sotto le arrivava dritto al cuore. Così sbraitava almeno. La biondina l’ha snobbata alla vecchia. Era pazza di me. E anche del mio astragalo.
Semmai vi dovessero servire, ecco cinque nomi strani di ossa da usare in casi analoghi: Epistrofeo, Vomere, Etmoide, sfenoide, patella. Andatevi a cercare dove si trovano esattamente. E attenti a pronunciare bene “patella”.

Al PS, il personale è suddiviso in colori e in atteggiamenti. Allora: in divisa bianca da pizzettaro ci sono i barellieri-autisti; in tenuta verde acqua della Sardegna trovate le donne delle pulizie; in costume verde scuro sono infermieri o anche dottori appena usciti dalla sala operatoria. I camici bianchi con un sacco di penne nel taschino sono i dottori che ci capiscono, o che fanno finta. Quelli bravi bravi sono in borghese. Sono bravi perché fanno le diagnosi rapide e precise senza paura di sporcarsi di sangue. Però attenti: se sono in borghese vuol dire che: a) stanno per iniziare il loro turno e potete fidarvi; b) hanno appena staccato e potrebbero dirvi una cosa per un’altra tanto se ne stanno per andare e chi s’è visto s’è visto.
Attenti alle maschere poi. Oggi c’era un signore in camice bianco, capelli grigissimi e radi, occhi celesti, carnagione florida e due telefonini. Insomma il look da luminare. Stavo per mettergli in mano la mia vita e quella dei miei futuri figli. Poi mi sono avvicinato e aveva la sigla VOLONTARIO scritta con inchiostro di pennarello rosso sopra le fantomatiche penne. Dentro al luna park lo salutavano tutti come si saluta il ragazzo del barbiere.
Poi ci sono delle figure di mezzo, un po’ infermieri, un po’ dottorini, di vari colori. Sono giovinastri che spiccano per liberatorio senso dell’umorismo. Di solito si salutano così: aho vieqquà che te faccio la radiografia all’uccello! oppure: aho la fai finita de guardà le zinne deaaa roscia in corridoio. Gli atteggiamenti poi. Al PS devi stare zitto e aspettare. Se chiedi ti guardano brutto o hanno da fare. I barellieri sono i più cattivi e con la barba lunga sembrano briganti del Regno delle due Sicilie. Seriosi come brutti ceffi sono anche i dottori bravi con le penne. Impenetrabili. Non cambiano espressione se davanti hanno un infarto, un’intossicazione da lamponi, o una microfrattura dell’astragalo. Le donne in verde scuro hanno sempre l’aria di chi ha ancora due esami di anatomia da fare prima di laurearsi. Sono perlopiù struccate e un po’ dimesse come se si guadagnassero da vivere dando ripetizioni di latino. Gli uomini in verde sono mutevoli. Sbagli sempre. Se li chiami dottore: no, io sono infermiere; se fai: Scusi infermiere, replicano: no sono un inserviente (un inser..che?). Se gli dici scusi può avvicinarmi quella barella dicono no, sono il primario adesso viene il barelliere. Se li apostrofi come "professore" ecco che si voltano verso l’amico e fanno: aho, hai visto che culo quella nova de terapia intensiva. Quindi, attenzione.

Chiudo con cinque cose che mi daranno più fastidio in questo periodo di degenza. 1) Non potrò giocare a calcetto per un bel po’ 2) amo settembre, è uno dei mie mesi preferiti e non me lo potrò godere 3) Ho scoperto che mi piace andare a lavorare anche se bestemmio in sanscrito davanti al computer perché ho sempre troppo da fare. Mi piace stare a casa se scelgo io di starci. Se ci devo stare per forza mi rode parecchio 4) Dovrò aggiornare il blog sennò sono un pusillanime stronzo e anche figlio di puttana 5) Dipenderò dagli altri e io odio dipendere dagli altri.
Ma, rovescio della medaglia: 1) posso leggere in grazia di Dio senza svenire dal sonno col naso dentro le pagine del libro come mi succede spesso dopo cena 2) posso vedermi un film senza darmi i pizzichi sulle palle per rimanere sveglio, scegliendo anche di vedermeli di pomeriggio 3) Non mi sorbirò le cantilene, le frasi, i soliti step e la sbrodolosa routine del lavoro in ufficio 4) Potrò aggiornare il blog 5) Non potrò farmi la doccia perché ho il piede fasciato. E vai, mi laverò, come si dice, a pezzi. Quando sei bambino e odi la doccia, mai che ti rompi un piede.
Ecco questa ovviamente andava nelle cose che mi daranno fastidio. Tremendamente fastidio. Ma poi sarebbero state sei e quelle piacevoli quattro. E non si poteva.
Ah, dimenticavo, la diagnosi: “Frattura base II metatarso piede sinistro”. Che tristezza, come suona male. Niente astragalo. Fanculo.

Nessun commento: