lunedì 9 febbraio 2009

Su Eluana

Sembra quasi che sia obbligatorio schierarsi sul caso di Eluana Englaro. Lo richiede la società dei sondaggi: staccheresti la spina: sì, no, non so. E’ una specie di “chi butti giù dalla torre” applicato a delicati principi etici; una domanda secca, di quelle che faremmo con tale superficialità solamente in un gioco da tavolo e perlopiù sottoposta a chi è lontano, lontanissimo dal dolore. Da una quotidianità fatta di sondini, di monache che cambiano pannoloni, scandita dal beepbeep angosciante delle macchine che tengono in vita il corpo inerme di Eluana.
E lontano anche dai pensieri più intimi di suo padre, dall’itinerario che ogni mattina da diciotto anni percorre: casa-ospedale, ospedale-casa, torturato forse da una preghiera impossibile, da un pensiero bestiale quanto generoso e umanissimo: sarebbe stato meglio che Eluana fosse morta in quell’incidente.
Ammetto che la sentenza della Cassazione lascia qualche perplessità quando stabilisce di aver tenuto conto “della personalità di Eluana, del suo stile di vita, delle sue inclinazioni, dei suoi valori di riferimento e delle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche” e che Eluana fosse «caratterizzata da un forte senso d'indipendenza, intolleranza delle regole e degli schemi, amante della libertà e della vita dinamica, molto ferma nelle sue convinzioni”.
Il giurista Lorenzo D’Avack con astuto gusto del paradosso sostiene che, sulla base di quanto stabilito dalla Cassazione, automaticamente i “giovani liberi, tendenzialmente anticonformisti, un poco anarchici, dinamici, attivi, con qualche entusiasmo per lo sport, diventano così per la Corte i soggetti ideali per un presunto dissenso, ora per allora, verso terapie di sostegno vitale”.
Già, cosa avrebbe veramente voluto Eluana? Quale decisione prenderebbe se per un momento tornasse in pieno possesso delle sue facoltà mentali? Quando, stando alle parole del padre, Eluana, parlando con gli amici, dichiarava che una vita attaccata ad una macchina non l’avrebbe mai voluta vivere era una ragazza con sogni, sorrisi luminosi e tutta un futuro da immaginare. Possiamo supporre i suoi desideri ma non possiamo esserne certi.

Io parto da un presupposto: c’è una sola persona al mondo che ha a cuore le sorti di Eluana e questo è suo padre. Non il Papa, né Berlusconi o Emma Bonino, io, voi, essi, i giudici, le suore, gli opinionisti, i filosofi.
Il padre ha deciso di non voler più veder soffrire sua figlia in stato vegetativo permanente da diciotto anni. Merita rispetto, perché solamente lui sa cosa significherebbe morire lasciando Eluana in quelle condizioni. Andarsene dal mondo lasciando Eluana in balia di disegni di legge, sentenze giuridiche, ingerenze del Vaticano. Da sola. Anche se qualche imbecille ha dichiarato che “sono le monache che la accudiscono ogni giorno, mica lui che è un padre indegno”. Sì, come no.

E ringrazio il Presidente della Repubblica che ha impedito che in questo stato crollasse il principio fondamentale, sancito dalla Costituzione, della divisione dei poteri. Annullare una sentenza della Cassazione con lo strumento del Decreto Legge avrebbe creato un precedente devastante. Immaginate in futuro una condanna della Cassazione nei confronti del Presidente del Consiglio, di un ministro, di un senatore, di un parlamentare annullata per Decreto. Saremmo piombati nell’incubo di un regime autoritario.
Se proprio devo schierarmi, allora mi schiero contro il Papa che parla di miracoli, di vita nel dolore avvolta nel mistero, di Dio che ci ha insegnato che si può guarire.
Contro il Cardinale Bagnasco per il quale “La realtà della sofferenza nella croce di Cristo si illumina di significato e di valore”.
Contro la giornalista Lucia Bellaspiga dell’Avvenire che scrive del corpo sano e florido di Eluana. Eluana che non soffre, che dorme e respira.
Contro il senatore Maurizio Gasparri che con populismo fascista dice “E’ iniziato l’omicidio di Eluana”.
Contro il cardinale Barragan e il suo “fermate quella mano assassina.”

Ma soprattutto mi schiero contro il Presidente del consiglio e contro le sue estorsioni morali, la sua mancanza del senso dello stato, la sua propaganda perpetua che lo porta ad accusare chi non la pensa come lui di seguire i dettami della cultura della morte.
Che si permette di affermare che la Costituzione fu scritta tenendo conto di indicazioni filo-sovietiche e quindi di un regime dittatoriale.
Mi schiero contro la perversa demagogia di un Presidente del Consiglio che, pur di arruffianarsi il suo elettorato, la chiesa, le vecchie, arriva ad affermare che “Eluana Englaro potrebbe generare un figlio”.
Potrei scrivere un paio di pagine riportando dichiarazioni di questo tipo che ovviamente sono solamente atte a suscitare una falsa indignazione e ad imporre i propri valori con arroganza populista. Preferisco postare quanto segue, preso dal sito dell’Unità.

* Il cervello di Eluana è stato irrimediabilmente compromesso la notte del 18 gennaio 1992 quando la sua auto slittò sul terreno ghiacciato e andò a sbattere contro un muro. L’incidente lasciò intatte le parti del cervello che controllano le funzioni fisiologiche primarie, come la respirazione e il battito cardiaco, che si trovano nel cosiddetto tronco encefalico. I danni più gravi riguardarono invece la corteccia cerebrale, una sorta di “cuffia” che avvolge il cervello e nella quale vengono elaborate funzioni più complesse come la parola, la visione, la percezione del dolore ma anche la fame e la sete. Quando i medici della clinica di Udine inizieranno a ridurre progressivamente l’idratazione e l’alimentazione artificiale, Eluana non si accorgerà di nulla, così come è da 17 anni che non avverte né fame, né sete, né dolore.

*l’articolo 32 della Costituzione dice che «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario» e che «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Proprio di recente, una donna a cui si è prospettata la necessità di amputare un arto, ha deciso di rifiutare l’intervento anche se questa scelta le è costata la vita;

*Il padre di Eluana ha percorso tutto l’iter del nostro sistema giudiziario prima di ottenere l’autorizzazione a interrompere i trattamenti artificiali di alimentazione e idratazione che da 17 anni tengono in vita il corpo di Eluana. I giudici hanno riconosciuto: a) che il padre ha svolto il ruolo di tutore delle volontà della figlia (che non avrebbe voluto vivere in condizioni di stato vegetativo); b) che i trattamenti artificiali di alimentazione e idratazione sono trattamenti medici e, come tali, rientrano in questo caso nella fattispecie di accanimento terapeutico

*L’omicidio, il più grave dei reati, è punito con le pene più alte: il medico che interrompe, dietro volontà del paziente o del suo tutore, una situazione di accanimento terapeutico non è punito dalla legge; al contrario, lo sarebbe se si ostinasse a curare il paziente contro la sua volontà (abuso di ufficio).


*La Cei ha detto che «togliere idratazione e alimentazione ad Eluana è eutanasia».Va notato come nella frase, ripresa dalle agenzie, manchi l’aggettivo “artificiale”: come spiegato sopra, l’alimentazione e l’idratazione artificiali sono, in questo caso, trattamenti sanitari e, dunque, da interrompere per volontà del padre che, come riconosciuto dalla legge, rappresenta quella della figlia. L’eutanasia viene praticata in alcuni Paesi, l’Olanda ad esempio, per alleviare le sofferenze di pazienti terminali. La morte viene indotta con la somministrazione, prima di un sedativo, poi di una sostanza che blocca il battito cardiaco o interrompe la respirazione: è dunque un intervento attivo che viene effettuato dietro volontà del paziente e dopo la decisione di un giudice. Eluana non è una paziente terminale: non ha un male che la consuma giorno dopo giorno. Nessuno, inoltre, ha mai parlato di interrompere il suo battito cardiaco ricorrendo a farmaci. Eluana si trova invece in una situazione vegetativa permanente che si protrae nel tempo solo per i trattamenti di idratazione e alimentazione artificiali. Secondo quanto detto dal padre e dai giudici dopo 12 anni di valutazione del caso, questi trattamenti sono stati sempre effettuati contro la sua volontà.

E poi, così, mi concedo un po’ di retorica, perché non riesco a smettere di pensare a suo padre, a Peppino Englaro, a quel volto sconvolto dal tormento, alle sue borse sotto gli occhi, alla dignità e alla forza con cui assorbe accuse infamanti e combatte con grinta la sua battaglia. Ogni giorno davanti alle telecamere, soffocato dai microfoni, pressato dalle istituzioni. Credo che, comunque vadano le cose, lui abbia già vinto e abbia ottenuto ciò che sembrava impossibile ottenere: far vivere di nuovo Eluana, renderla immortale, almeno nei pensieri e nelle coscienze di tutti. Altro che padre indegno.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il tuo post mi ha molto colpito.
Penso anche io che il padre di Eluana meriti un rispettoso passo indietro da chi in questi ultimi giorni è entrato a gamba tesa definendolo assassino e boia. Senza conoscere e senza criterio. Accampando motivazioni assai dubbie, visti i tempi. Englaro si è battuto per questa soluzione da subito. Dove erano tutti i "difensori" non richiesti di Eluana in tutti questi anni? Ho visto senatori reagire come se il caso specifico di Eluana li avesse coinvolti personalmente, come se fosse morto un loro congiunto e ho pensato all'eroica compostezza dei genitori, alla loro battersi con forza ma sempre con rispetto e discrezione. E soprattutto alla luce del sole.
Da bambina ho conosciuto Eluana e i suoi genitori, abitavamo nello stesso quartiere, frequentavamo la stessa scuola e avevamo un' amichetta in comune. Abbiamo giocato insieme qualche volta e sono stata a una sua festa di compleanno intorno ai dieci anni. Niente di più. La cosa che più mi ricordo pensando a Eluana è che i genitori l'adoravano. Mi ricordo il padre e la madre e la loro espressione di gioia nel guardarla, come se fosse un miracolo trovarsela davanti. E' la prima cosa che mi viene in mente pensando a Eluana.