venerdì 16 maggio 2008

Evelyn. Prima parte


Gli dico: Interrompere un gioco di seduzione è come scendere da un taxi prima di essere giunti a destinazione. Ad un certo punto succede qualcosa, si accende un lampo e la corsa finisce. Seducente e abbandonato. E ci si ritrova in mezzo alla strada indecisi se inseguire quel tubo di scappamento fumante o trovare il modo più veloce e indolore per tornarsene a casa.

Mi dice: Non male. Parole sagge considerato l’orario.

Il mio amico mi chiama alle due di notte. Il tubo di scappamento ha già voltato l’angolo. Lui è in mezzo alla strada. E capisco che sarà una lunga notte senza bussola. Del mio amico non posso rivelare il nome. Ne userò uno di fantasia, come negli articoli di giornale in cui si racconta lo stupro di una ragazza. Un’accortezza che non ho mai capito fino in fondo. Anche se la ragazza in questione si chiamasse, che so, Ester, e fosse stata stuprata, direi che il suo problema principale non sarebbe certamente quello di vedere il suo nome di battesimo stampato sui giornali. E quindi: “ma noi la chiameremo Michela”. Bene. Adesso Ester/Michela avrà risolto la metà dei suoi problemi. Potrà fare a meno di un supporto psicologico per superare il trauma e si sentirà più sicura di sé la prossima volta che svolterà in una via buia e deserta. Tanto varrebbe, allora, usare dei nomi indiani, tipo Orso Ferito, o uno di quelli islandesi lunghissimi e zeppi di lettere strambe come Guðmundsdóttir.
Ecco, io il mio amico lo chiamerò Tonacatecuhtli. Un bel nome azteco che peraltro gli si addice parecchio.

Riporto pari pari da Wikipedia:
Tonacatecuhtli ("colui che è al centro"), secondo la mitologia azteca, era un dio della fertilità. Fu lui ad organizzare la divisione tra terra ed oceani e la creazione del mondo. Ometecuhtli e Omecihuatl erano i creatori della vita, ma fu lui a creare loro ed il pianeta.

Chi altri se non uno che si sente al centro, potrebbe chiamarvi a quest’ora per rovesciarvi addosso una di quelle laboriose, indigeribili e pesantissime storie di amore non corrisposto? Che poi sono tutte uguali e conservano un minimo di interesse solamente per il protagonista, cioè il non corrisposto. Già la femmina, la non corrispondente, faticherebbe a mantenere alta la concentrazione. Sarebbe un segnale di interesse ed incoraggiamento. Figuriamoci dunque io, e alle due di notte. Anche se ormai sono quasi le tre e mi sono già sorbito un bel delirio di farneticazioni. E ho una sola certezza: il tassametro per Tonacatecuhtli ancora sta girando e lui è molto distante dalla fase cruciale, quella in cui la cicatrice comincia a prudere perché la ferita è in avanzato stato di rimarginazione; la fase in cui si pensa e si dice: “Ma come cazzo ha fatto a piacermi una così?”.
Vi risparmierò comunque. Non agirò sotto dettatura. E’ l’unica chance che ho per tenervi svegli. Se raccontassi per filo e per segno la storia di Tonacatecuhtli gli farei un torto.
Troppo scheletrica e troppo noiosa.
C’è questa ragazza che piace a Tonacatecuhtli...

Gli dico: come si chiama?
Mi dice: Userò un nome di fantasia.
Gli dico: Ok!
Mi dice: Evelyn.

Dunque, la storia, anzi la fabula: A Tonacatecuhtli piace Evelyn. Ma a Evelyn non piace Tonacatecuhtli, ma non vuole dirglielo. Il dio azteco fa le sue le avances. Evelyn non accetta. Il dio azteco scende dal taxi. Stop.
Scarna e soporifera, ve lo avevo detto. Sono tutte così, queste faccende. Insipide. La polpa sta in quello che succede nel taxi e nei pensieri di chi è a bordo.
Col culo sul sedile posteriore, Evelyn pensava:
Devo passare in profumeria. Devo passare in profumeria. Devo passare in…
Con la testa fra le mani, Tonacatecuhtli, pensava:
Sto studiando il linguaggio del corpo. I segnali sono inequivocabili: mi vuole. Adesso lo so. Le scriverò una lettera. Ma non voglio essere il suo fidanzato. Voglio essere il suo amante. Voglio la storia ruvida e selvaggia. Voglio la clandestinità. Secondo me oggi ha il perizoma nero.

Sì, insomma, cose del genere. Niente resoconto compilativo. Solo aneddoti e qualche ispezione interna sbirciando nel finestrino dell’abitacolo. Anche perché di sostanza ce n’è poca. Erano le due e mezzo quando ho capito che tra il "dio della fertilità" ed Evelyn non c’è stato il minimo contatto fisico. Il “creatore dei pianeti”, “colui che è al centro”, non è riuscito nemmeno a darle un bacio. Né una palpata scherzosa. Nemmeno un appuntamento. Allora di cosa stiamo parlando? Di un monologo. Di un soliloquio ormonale. Di una traiettoria invisibile?


Gli dico: Tonacatecuhtli, mi giro una canna.
Mi dice: a quest’ora?
Gli dico: passati i 35 anni, ci sono due regole di ferro: 1) Salire su un taxi solo se si è certi di arrivare alla meta. 2) Non farsi le canne in pubblico.

Alle tre passate non ho ancora capito chi guidava il taxi.
Sono le tre e mezzo quando mi arriva un messaggio di Evelyn.

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