lunedì 1 dicembre 2008

Luca si sveglia a mezzanotte


Il primo passo per guarire dall’insonnia è ammettere di soffrirne. Anzi, a dire la verità, è il secondo, perché il primo sarebbe semplicemente dormire. Prima di avere disturbi del sonno, avevo sempre creduto che essere insonni significasse non dormire mai, nemmeno un minuto. Un po’ come Al Pacino in quel bellissimo film di Cristopher Nolan, “Insomnia” (Un noir decisamente paradossale visto che le tenebre non calano mai. Ve lo consiglio!). E invece no. Di solito si dorme un po’; è raro non chiudere occhio per 24 ore consecutive; forse succede se si assumono anfetamine o ecstasy, ma non sono una cima sull’argomento droghe. Ne esistono vari di disturbi del sonno: il mio è crollare dalla stanchezza subito dopo cena, riaprire gli occhi verso mezzanotte e non chiuderli più fino alla mattina. Tossing and turning, come dicono gli inglesi, per ore. Che, tradotto in codice di qualità della vita, significa sprecare una serata, una nottata e pure una mattinata. Equivale ad uscire dall’ufficio, mettersi il pigiama come prova costume per la festa di carnevale, rivestirsi e tornare al lavoro.
Bene. Una volta chiarito che, purtroppo, la non-vita/non-morte del vampiro (con tutto il suo strascico di fascino perverso) non è quella che mi è toccata in sorte, ecco che scatta l’urgenza di mettere a punto una strategia per non costringermi a continue maschere di ghiaccio il giorno successivo. Ci sono vari stratagemmi, di solito queste dritte le trovate nelle homepage dei siti, incastrate fra le chiappe della Arcuri, i consigli dell’astrologo e il link per i social network di incontri romantici. E questo già la dice lunga.
C’è chi consiglia di prepararsi una tisana. Sinceramente, io no; la tisana non fa per me: immaginarmi in brache a intrugliare i fiori secchi di passiflora e tiglio mi sa di sfigato e anche un po’ di frocio. Non per niente se fate una ricerca su google, trovate le ricette di questi infusi su un sito che si chiama girlpower. Non credo nemmeno di avere l’occorrente nella credenza come del resto non ho perizomi leopardati nel cassetto. Pure la camomilla è da escludere: dopo la camomilla per dormire, mi rimane la pancera, “serata d’onore” condotto da Pippo Baudo e un nodo scorsoio. I saputelli del rimedio fai-da-te suggeriscono di spostare i mobili, le suppellettili, i tappeti. Lo farei, ma io voglio solamente dormire e non essere assassinato dal signor Butera del quinto piano per schiamazzi notturni. Il mio medico mi invita a fare una passeggiata dopo cena. Il mio medico non ha idea del quartiere in cui vivo. Dopo il tramonto è una nowhere land e se devo rimanere sveglio, preferisco vagabondare per casa e non finire in questura come testimone oculare di una rapina a mano armata. Il fatto è che io appartengo alla categoria dei cocciuti. Quelli che ci provano: si coricano e aspettano, aspettano e aspettano con un ottimismo davvero invidiabile, di quell’ottimismo che nella vita diurna non ho mai. Per cui: ho detto che adesso dormo, punto e basta.
Scriverei ‘tic tac tic tac’ per simulare l’inesorabilità del tempo che passa, ma la mia radiosveglia è al quarzo e di rumori costanti e affezionati ne sento pochi: per inciso, solo le scorregge del signor Pandolfi del settimo, quando non è occupato a scaraventarsi sul pavimento per rompersi il femore. Una vita spericolata, la sua e la mia: di quelle che non dormi mai.
Dunque, escludendo la boiata di contare le pecore, non mi rimane che ingaggiare un duello con la mente per rispondere colpo su colpo all’anarchia dei pensieri all’assalto. Primo step: le partite di calcio. Indro Montanelli pensava alle partite di calcio prima di addormentarsi - ma adesso è morto quindi non sembrerebbe di buon auspicio. Se ho visto una partita in giornata, comincio ad assegnare i voti ai giocatori in campo. Quando però sto ancora ragionando sulle doti tecnico-tattiche messe in mostra dall’esterno sinistro di centrocampo della squadra in trasferta, vuol dire che il tentativo è già miseramente fallito. In appendice al primo step provo ad immaginare me stesso nell’atto di giocare: passaggio, tiro, colpo di testa, tackle scivolato, litigio con l’arbitro, applausi al compagno di squadra, disapprovazione per un rigore non assegnato. Gol. No, ancora niente. Sono sveglio, sveglissimo. Più di prima. Ma non voglio alzarmi. Nemmeno per la doccia del dopopartita.
Secondo step: il sesso. Ci si può rilassare anche così, sebbene possa suonare come un controsenso. L’importante è pensare, sì, al sesso, ma con un’intensità lieve, giusto un assaggio oculato, fantasticando sui preliminari dopo aver circoscritto una situazione che sia eccitante ma non troppo; che ci sia il prologo stuzzicante ma non l’epilogo. Attenzione, per gli uomini è severamente vietato sfiorarsi il pisello. Sennò è finita. Insomma, non bisogna spingersi troppo avanti, altrimenti diventa fisiologicamente necessario farsi una sega con ulteriore perdita di tempo. Quindi un semplice APSSS: Autoerotismo platonico senza spargimento di sperma.
Se non basta nemmeno questo, passo al terzo step. Ecco che mi appare la galleria dei miei personaggi preferiti, i miei modelli di riferimento. Esempio, mi chiedo: ma Hank Moody di Californication, - che per inciso fa la vita più bella del mondo: scrittore in crisi creativa ma idolatrato, che beve, fuma, va a puttane ed è desiderato dalle donne - cosa fa per addormentarsi quando non ha una supergnocca dentro al letto? E avrei problemi di insonnia se vivessi come lui? Con un balzo di fantasia mi immedesimo nel Grande Lebowsky: ex hippy, disimpegnato, in fuga dalle responsabilità, in accappatoio e infradito. Che farebbe lui? Luciderebbe la sua palla da bowling? E Paperoga? E Zagor-te-nay Lo spirito con la scure? Si farebbe una passeggiata al chiaro di luna nella palude? Ok, sono Bruce Springsteen e strimpello un nuovo arrangiamento di “Born to run”; sono Woody Allen e ritaglio un nuovo ruolo drammatico per Scarlett Johansson. No, meglio di no, la Johansson mi spingerebbe indietro allo step 2 e stavolta del livello ANPCSS (autoerotismo non platonico con spargimento di sperma). Al quarto step decido di uscire fuori dal letto-trappola. Mi alzo e vado in cucina per uno snack e una sigaretta, accendendo una luce fioca per creare un senso di discontinuità col buio. Ottima idea: ho barattato due ore di sonno per un lasciapassare per l’obesità e una wild card per l’enfisema polmonare. Mi affaccio alla finestra e non c’è un cristiano con cui telepaticamente condividere questo mostruoso fardello. Dormono tutti. E questa è la mazzata determinante per il crollo dell’umore. Non c’è niente di peggio che sentirsi soli. L’insonnia è una malattia cronica che si manifesta di notte quando sei per conto tuo. Non come l’osteoporosi, l’alopecia, le emorroidi, la miopia: queste le puoi condividere con gli altri; di giorno ti viene la depressione, chiami il tuo migliore amico e frigni che sei pelato. Ma di notte non puoi chiamare nessuno: è socialmente inaccettabile. Ed è una corsa contro il tempo: devo addormentarmi prima di sentire il rumore dell’autobus al capolinea qui sotto, prima del cinguettio degli uccelli, prima che esca il signor Capone che esce prestissimo ma se esce vuol dire che è quasi giorno. Per Dio, cazzo. La notte è più buia prima dell’alba, come dice Joker. Mi rimetto a letto, le lenzuola sono una bobina di pieghe accaldate, mi sento le rughe sulla faccia, il prurito sul torace: sono lo scarafaggio di Kafka, sono nervoso come un lupo mannaro a digiuno, sono l’uomo da sei milioni di dollari che sente il minimo rumore: il signor Pandolfi che sputa nel lavandino, il signor Capone che stringe i lacci delle scarpe, il signor Butera che avvita la macchinetta del caffè; ne annuso pure l’aroma: è decaffeinato; Butera ha la pressione alta; l’autista sta montando sulla vettura, cip-cip…ecco pure i passeri. Il sonnifero! Sì, lo prendo. Dormo 75 minuti che sono quasi un ciclo intero di sonno, sti cazzi della fase rem; ci ripenso, non ho sonniferi. Che ci faccio coi sonniferi? Mai sofferto di insonnia, io. Scarlett Johansson, nuda, nudissima. No, ecco, mi viene duro. Tra 66 minuti suona la sveglia, se mi addormento fra sei minuti dormo un’ora. Buona un’ora, sì, sarò riposatissimo. Suona il campanello, cazzo, no: chi è? Deve durare meno di sei minuti questa conversazione, chiunque tu sia. E’ Manuela Arcuri che legge l’oroscopo con la parrucca di Paperoga che ha segnato due gol e gli ho messo 7 ma non l’ho schierato al fantacalcio e ha la voce di Bruce Springsteen che però è anche la mia sveglia. Apro gli occhi, AMCST (alzabandiera manifesto con scappellamento totale); miseria ladra, dormivo. Sono felice, dormivo, non è vero che sono stato alzato tutta la notte. E’ un dato inconfutabile, ho dormito. Però, quanto ho dormito? Quando mi sono addormentato? E sono stanco o sono riposato? Ecco, l’altra faccia dell’insonnia, la più atroce: cerchi di ritornare sui tuoi tormenti notturni, all’inseguimento di un segnale di intermittenza; ma è come sfogliare all’indietro un’agenda di pagine bianche, come indagare su un omicidio perfetto. E ti accorgi che c’è stato un momento in cui il tuo essere vigile e il tuo essere incosciente si sono intersecati , ma in maniera anormale, come una seduta di ipnosi. E hai pensato di essere sveglio quando in realtà dormivi. Pandolfi brontola SSPF (senza scorregge per fortuna). Si è rotto il femore di nuovo? A che ora? E come mai non l’ho sentito? Ma ce l’avevo le sigarette?

1 commento:

Anonimo ha detto...

caro collega è un pezzo bellissimo. mi becchi dopo una nottata insonne postdormitasuldivano, perciò so di cosa parlo. Hai reso vivido alla luce del sole quel tormento minore, non epico e solo fastidioso che è l'incapacità di addormentarsi. Togli la Johansson e mettici un uomo aitante, togli il Butera e metti l'obesa che ci russa a fianco... stanotte non eri solo, se può consolarti